Indosso le scarpe e inizio a camminare in circolo, inseguendo la mia oscura proiezione nell’ora dell’ombra più corta. Sette ombre per ogni giorno della settimana, sette verità e sette sconfitte. Tre volte sette. Babele è fritta, ma l’equinozio ne pacifica lo smaltimento. I fossi non sembrano fossi, i crateri e i muri scalcinati fanno parte del panorama. In ombra, in attesa dell’ora legale, panacea per la nostra veglia critica; commissari, burattini e spettacoli da circo: Metropolis è qui, adesso. Fritz Lang è mio padre. Cinque compagni vengono uccisi tra Ferentino e Frosinone: il prezzo della verità, di una soltanto. Un velo funebre che non basta mai.
Siamo una corda tesa tra un futuro freddo, metallico, forgiato al fragore di mille battaglie e un passato fatto di carne, principii e teologia negativa. L’abisso circonda ogni dove, non c’è terra, non esiste cielo: ovunque è il vuoto. Temperatura stabile, distanza. La corda è un insieme di punti, la corda è un punto, questo preciso momento è infinito. Il passato ritorna futuro, il futuro diventa passato. Non riesco a muovere un passo, sono camminato, sono mosso, sono parlato. Sempre differente, anche morto. Agosto è causa ed effetto, la prima e l’ultima volta.
Respirare, insonne, accanto ai tuoi incubi. Amore cieco, bieco, stupido, sbilenco. Ancora una volta impiccato all’albero dell’odio e della superstizione psicologista del nostro dare e avere. Causa ed effetto, senso di colpa e mutilazione dei nostri organi genitali, infibulazione, repressione e naia della nostra militanza e appartenenza. Quando tra poche ore aprirò la porta carraia per andare a lavorare, non sarà lo stesso giorno. Esiste, sempre, un libro che nessuno ha scritto, una pagina mancante, una parola da dire e piste da fiutare. Chi spiega la vita con la morte spesso ha in mente di fotterci: usa antropologi come responsabili delle risorse umane, le puttane e i loro sensi di colpa come capri espiatori.
Una breccia nelle vostre intelligenze. Livido, seduto all’angolo di qualche strada, è un secolo che il mio senso della famiglia arrugginisce all’ombra di un portone lontano, distante, come divorato da piccoli roditori instancabili. Come scomparso. La storia è il corpo in avanzato stato di decomposizione che attraversa il corridoio dall’altra parte dello stabilimento. La storia è quella di una guerra farmaceutica per la conquista dei cervelli e delle speranze. Gli esperti di liberazione e frottole tentano con ogni mezzo di scongiurare la pandemia, ma l’attacco ha sortito il suo effetto. In poco più di due mesi il numero dei feriti e dei cadaveri è cresciuto oltre ogni aspettativa. Io rimango immobile e attendo il mio turno. La prossima settimana saremo tutti avviati al più vasto processo di rianimazione e canalizzazione etico-occupazionale degli ultimi tre secoli. Nessun medico e nessun coprifuoco. Nessuna Babele dagli occhi a mandorla. Tutto rigorosamente fatto in casa.