…quando quello che hai sulla punta della lingua diventa una stronzata.
La politica, una volta diventata spettacolo, non merita la nostra attenzione. Se alziamo l’audience, facciamo il loro gioco. La politica non è lontana, è vicina, è quello che posso fare con questo corpo senza mantenere una distanza di sicurezza. Ogni uso del politico va riportato entro un orizzonte gestuale, espressivo, capace di sopravanzare il suo essere rappresentazionale, il mero scambio di informazioni o una semplice presa di posizione. Il gesto politico comporta per sua natura l’esposizione. Esposizione e diorrea, ad onor del vero: cortocircuito nell’ordine del Medesimo e differenza. Potenza, e non potestà, continua a dire un carissimo amico, giacché la memoria è perdita di elasticità; la perdita dell’elasticità è dovuta all’esperienza; l’esperienza si accumula e si trasforma. Una ricerca politica dell’azione è partenogenesi di idola e insieme un loro continuo superamento, la chiave per non rimanere immobili, la formulazione di un nuovo vocabolario, Babele distrutta dallo scarto di senso tra servo e padrone: la rivolta semantica dello sfruttato. Politeismo. Politeismo dissacrante, principii incarnati, ma nel rispetto della fatica e della sofferenza: visibili, mai astratte. E ancora: pesanti come la colpa, il peccato, la punizione; impresse dai padroni nel genoma dei loro servi e perciò da superare. A che prezzo? con che criteri? è questo che vorrei stabilire.